Lata cauda, la “grande coda” è la caratteristica fisica più evidente di questa pecora, dalla quale la razza prende il nome. soprattutto nelle province di Benevento, Avellino e Caserta, la razza laticauda è stata originata, verosimilmente, da un incrocio della pecora appenninica, tipica dell’Italia meridionale, con la pecora Nord-Africana, Berbera o Barbaresca, importata in Campania dai Borboni ai tempi di Carlo III. Tornando alla coda da cui prende il nome, essa non è altro che una sorta di “sacca” che accumula grasso durante la stagione di abbondanza di pascoli e lo sfrutta nei periodi di magra per garantire il nutrimento alla prole. Proprio questa caratteristica rende preziosa la carne della pecora lauticauda: infatti, accumulando il grasso nella coda, ne ha di meno nel resto del corpo, cosicché le sue carni risultano più magre e povere di colesterolo. Questa caratteristica è stata apprezzata solo di recente, poiché la lauticauda veniva allevata in modo stanziale, in piccoli greggi tenuti nei pressi delle fattorie e utilizzata soprattutto per la produzione di formaggio in quanto, per la sua mole è inadatta per la transumanza. Dopo aver rischiato l’estinzione, nei primi anni ’90 è stata recuperata con successo, apprezzata per le caratteristiche alimentari delle carni, saporite e prive dell’odore tipico degli ovini. Grazie a quest’azione di valorizzazione, si sono rapidamente diffusi molti allevamenti, di cui almeno trenta con più di cento capi, che seguono precise regole: di tipo semibrado, con alimentazione pascolativa integrata con fieno di lupinella ed erba medica, paglia di avena e orzo, sfarinati di cereali e fave.